Conosciamo meglio, Marta Gasparotto

Pubblicato il Apr 17 2021 - 11:18am by Livio Nonis

Campionesse che non entreranno mai nell’immaginario collettivo, ma nello sport hanno dato moltissimo vestendo la maglia azzurra e rappresentando l’Italia in varie competizioni internazionali e chissà forse si spera anche nelle prossime olimpiadi di Tokyo. Lei è Marta Gasparotto, ricevitore della nazionale italiana si softball, monfalconese di 24 anni, nata come giocatrice di baseball nei New Black Panthers per poi entrare nel mondo del softball nei Staranzano Ducks (Gorizia) con la quale ha disputato il campionato Cadette, Under 21 ed il Campionato Nazionale di Serie A2. Una carriera contrassegnata da continui successi ha partecipato a molte competizioni anche a livello mondiale tra le quali le World Series di categoria cadette svoltesi a Kirkland (USA) (una fine mondiale giovanile), con la squadra del NikaDuhl (Ucraina) alla Coppa dei Campioni Europea per club ad Enschede (Olanda), con la squadra delle Stars Staranzano ha conquistato la Coppa Italia di Serie A2 nel 2013 e la promozione in ISL. Nel 2017 ha frequentato il Chipola College di Marianna in Florida ha partecipato al Campionato nazionale NJCAA, al rientro in Italia con la squadra del Bussolengo ha raggiunto la semifinale del Campionato ISL e ha conquistato la Premiere Cup (Coppa dei Campioni) ad Haarlem in Olanda. Nel 2018 e 2019 nel Bussolengo, conquista il titolo italiano e vince nel 2018 la Premiere Cup Europea, l’anno successivo è seconda in Europa. Innumerevoli le convocazioni con le nazionali le più significative nel 2015 con la conquista del titolo Europeo Seniores a Rosmalen (NL). Certamente nel 2019 è l’anno migliore perché partecipa con la Nazionale alla Asia Pacific Cup a Sydney (Australia) e conquista il Titolo Europeo a Ostrava (CZ) e la qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020 nel torneo di Utrecht (NL).

Ora cerchiamo di conoscere un po’ di più Marta

Com’è nata la tua passione per il softball?

“La passione è nata prima per il baseball grazie ad un amico di famiglia che era allenatore nei NBP di Ronchi e che mi ha fatto provare il gioco durante una festa di pasquetta in campo. Ho giocato a baseball fino ai 14 anni e dai 12 alternativamente anche a softball. Un aneddoto: inizialmente non volevo neanche provare il softball e preferivo il baseball, ma poi assistendo alle Qualificazioni Olimpiche per Pechino 2008 che si sono svolte nel 2007 a Ronchi e Staranzano, vedendo l’altissimo livello di gioco delle atlete italiane e olandesi mi sono appassionata anche a questa disciplina sportiva.”

Come mai hai scelto un ruolo così importante e responsabile il ricevitore è leader psicologico e tecnico della squadra?

“Di fatto la scelta non è stata mia ma si è manifestata nel corso della carriera, prima nelle giovanili e poi nelle seniores. Inizialmente il mio ruolo nel baseball era quello di lanciatore e interbase, poi nel softball mi sono trovata quasi da subito utilizzata come ricevitore (e interbase) e lì sono cresciuta sia tecnicamente che mentalmente per la conoscenza delle varie situazioni di gioco che il catcher deve imparare a distinguere e gestire la difesa di conseguenza.”

 – Se ci sarà Tokyo 2021 dovresti essere tra le convocate per la trasferta in terra giapponese a parte l’aspetto tecnico sportivo il fatto di rappresentare come orgoglio il territorio della bisiacaria a così alti livelli quanta responsabilità ti senti di avere e quanto orgoglio sarà nel tuo animo? –

“La qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020 (ora nel 2021) conquistata a Utrecht l’anno scorso è stata senz’altro il momento più bello ed emozionante della mia esperienza con la Nazionale Italiana, e spero vivamente che questa manifestazione possa svolgersi normalmente pur con tutte le dovute cautele per la salute di atleti, organizzatori e spettatori. Il fatto di provenire da un territorio come la bisiacheria che ha espresso moltissimi atleti di livello nazionale e internazionale è per me ovviamente fonte di orgoglio e di grande responsabilità verso quelli che mi seguono, senza dimenticare che nel softball già un’atleta bisiaca, la grandissima Eva Trevisan, ha avuto l’onore di partecipare alle Olimpiadi di Atene 2004”

 – Se trovi una ragazzina e 7-8 anni oltre a ripensare te stessa quando è iniziato cosa consiglieresti di fare per entrare nel mondo del softball?-

“L’unico consiglio che posso dare a una ragazza giovane e che penso valga per tutti gli sport che abbia voglia di provare è quello di seguire sempre le proprie passioni, di non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà e di credere in sé stessa e nelle proprie capacità. Inoltre credo che l’attività sportiva debba essere sempre e principalmente fonte di divertimento e di crescita, in particolare negli sport di squadra dove è fondamentale l’affiatamento con le compagne e la costruzione di un gruppo unito dentro e fuori dal campo. Tutto questo senza tralasciare che in particolare per gli sport femminili c’è ancora tanto lavoro da fare per la parificazione con il mondo dello sport maschile, visto che l’impegno, il sacrificio e le difficoltà che ogni atleta affronta per raggiungere i propri obiettivi non fanno distinzione tra maschi e femmine”.

– giocando la serie A1, le coppe internazionali, disputare incontri con la nazionale come consiglia la tua vita privata e soprattutto nello studio? –

“Importante trovare sempre il giusto equilibrio tra la propria vita privata, ed in particolare la scuola,  con l’attività sportiva, senza dimenticare che è fondamentale abbinare al proprio percorso sportivo anche il raggiungimento dei titoli scolastici indispensabili per affrontare un futuro che non sempre potrà continuare all’interno del mondo dello sport. Personalmente, nelle mie scelte di vita ho privilegiato sempre quelle che mi davano la possibilità di sacrificare il meno possibile l’attività sportiva, per esempio scegliendo la scuola superiore in base al programma di studio che mi ha permesso di abbinare agevolmente l’attività scolastica e quella sportiva. In ogni caso qualche “sacrificio” può essere inevitabile, ad esempio nel mio anno al College in Florida la giornata iniziava alle 5 di mattina con due ore di allenamento in palestra, poi lezioni fino al primo pomeriggio, quindi allenamento pomeridiano in campo e alla sera compiti e studio per il giorno seguente, e questo per 5 giorni a settimana visto che il week-end era dedicato alle partite con trasferte anche di 3/400 chilometri.”